La fase di progettazione

La fase progettuale di uno studio è un momento cruciale. Anzi, se la ricerca include la realizzazione di indagini sul campo con interviste o altri strumenti di raccolta di dati il progetto diventa di basilare importanza. Gli errori di valutazione o le omissioni introdotti nella fase progettuale determinano in negativo il destino di una ricerca.

Teniamo conto di un fatto incontestabile: nessuno può misurare con certezza l’affidabilità dei dati raccolti sul campo, soprattutto quando si tratta di giudizi, opinioni, valutazioni con un grado variabile di soggettività. E’ anche difficile, nonostante si sia sviluppata tutta una letteratura in proposito, calcolare il ROI di una ricerca. Ma il tema dell’affidabilità è cruciale benché troppo spesso sottovalutato. A volte le decisioni che si prendono sulla scorta dei dati di una ricerca hanno un valore milionario, è il caso ad esempio delle indagini pre-competitive che dovrebbero supportare decisioni di investimento, il procedere o no a determinati spin-off, il lancio di nuovi prodotti. Eppure si prendono troppo spesso rischi enormi per risparmiare qualche migliaio di euro nel selezionare il fornitore della ricerca, senza soffermarsi a ragionare sul danno, milionario appunto, della raccolta di dati non affidabili.

Sì perché dalle attività di indagine è bene pretendere una elevata qualità. Informazione di valore strategico che deve essere valutata come tale.

La fase di ideazione della ricerca quindi, quando supportata da un budget adeguato, deve e può essere il momento di attente valutazioni e adeguate riflessioni sui vari temi che investono la ricerca stessa e il modo nel quale verrà realizzata: scopo, informazioni da rilevare, target, dove e come raggiungere il target definito, strumenti da utilizzare, personale da coinvolgere, procedure e strumenti di analisi e reporting, controlli di qualità, project management.

Nasco come quantitativo, essendo per formazione uno “statistico”, ma oggi più che mai sono un fautore del metodo misto quali-quanti, ovvero dell’uso combinato di tecniche qualitative e quantitative. Ogni volta che ho potuto adottare tale approccio ho ottenuto risultati soddisfacenti. In merito agli strumenti quantitativi cerco sempre di realizzare la massima economia, ovvero di costruire un campione sì significativo ma di numerosità sostenibile. E’ noto che in genere il costo delle interviste è la principale voce di spesa ed è quindi buona abitudine utilizzare al meglio il budget del cliente. L’ottimizzazione è possibile seguendo almeno due strade:

  • l’adozione di un disegno campionario ottimizzato (blended sampling, stratificazioni ottimali, sovra-campionamenti mirati, uso di unità auto-rappresentative, panelizzazione, ecc.)
  • un ferreo controllo di qualità nella fase realizzativa.

La scelta degli strumenti qualitativi è invece strettamente correlata al contesto della ricerca e non esiste una ricetta buona per tutte le stagioni. Sia nell’uno (quantitativo) che nell’altro caso (qualitativo) le innovazioni tecnologiche degli ultimi anni vanno sfruttate sempre e comunque, salvo che non ci siano buone ragioni per seguire metodi diciamo “classici“. In Italia ancora oggi stentano a decollare le conduzioni di focus group online, o i bulletin board, tanto per fare degli esempi. Tutte alternative che in Savoldelli Ricerche vengono sempre valutate a fondo.

Un altro aspetto importante dell’attività di ricerca è l’ottimizzazione dei tempi di esecuzione. I tempi per le decisioni si sono progressivamente ridimensionati al crescere della competitività sui mercati. Oggi le strategie di marketing devono essere ricalibrate con una frequenza assai più alta che nel passato e ai fornitori di dati è richiesta la massima tempestività. In questo contesto la mia attenzione è elevata e quando possibile adotto approcci in grado di ottimizzare i tempi di consegna dei risultati.

Sandro Savoldelli